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Per salire devi desiderare, per desiderare devi saper dire addio

  • Immagine del redattore: Kreanza
    Kreanza
  • 20 apr 2019
  • Tempo di lettura: 4 min

La Via dello Splendore… per Roma - di Karen Lojelo


È stata una settimana impegnativa. Era un po’ che non mi capitava di averne di così incasinate, le conosco bene però, questo tipo di settimane intendo, quando tutto va storto e mille ostacoli ti si parano davanti. Io li ho sempre chiamati i mostri che vengono a trovarmi, sicuramente ognuno li chiama a modo suo, se li ha identificati, ma tutti abbiamo avuto a che farci, abbiamo continuamente a che fare con loro. Succede soprattutto quando dobbiamo fare qualcosa d’importante, cui teniamo, o che può innalzarci per così dire, è lì che il piccolo io ci tira per i piedi facendocene succedere di tutti i colori o semplicemente riempendoci di paranoie come un grillo parlante. Tutti i nostri punti deboli sono toccati, le nostre paure note o ignote, e, anche quando hai imparato a conoscerli e ti ci siedi insieme per offrirgli una cioccolata calda e stare ad ascoltarli e poi fregarli quando credono di averti irretito, beh, a volte riescono comunque a confonderti ed è dura non fargli avere la meglio. Sembra non ci sia via d’uscita, ma c’è sempre. 

Me lo hanno insegnato un po’ la vita e un po’ di più proprio i corsi di Igor Sibaldi. 

Comunque eccomi qui, anche stavolta sono riuscita a mandarli via proprio come si fa con uno scocciatore. 

Sono le 6.00 e suona la sveglia, sono a Roma ospite da mia madre, è il 3 febbraio del 2019 e alle 8.00 devo essere in Via Nazionale per partecipare alla via dello splendore. Ricordo che appena trovai la pubblicità su internet di quello che all’epoca era un nuovo seminario che parlava della cabala, rimasi estasiata dalla sola presentazione e pensai chiaramente: devo andarci. Per me è una seconda volta, è stato uno dei primi corsi di Igor cui ho partecipato lo scorso anno a Firenze, e anche lì ricordo che ne sono successe delle belle, avevo iniziato da pochi mesi a seguire Sibaldi e i mostri venivano spesso a trovarmi, ne avevo tanti da combattere, ora sono rimasti in pochi a confronto, ma ovviamente sono quelli più tosti, anche se mi sembra di contarne solo un paio nei giorni migliori. 

Prendo un caffè pessimo a casa, mi preparo, sono stranamente riposata, di solito dormo sempre poco prima di queste occasioni, per qualche ragione ho sempre qualche imprevisto che m’impedisce di andare a letto presto…

Mi preparo, sono già d’accordo con la mia amica che ci incontreremo alle 8.00 alla stazione Termini. Intanto sono le 7.00. Prendo il quaderno degli appunti dell’anno scorso, mi dico che potrebbe servirmi, anche se ne prenderò di nuovi. Mentre chiamo l’ascensore, penso che anche se ho già assistito a questo seminario sicuramente sarà diverso oggi, un po’ perché sono cambiata io, un po’ perché Igor non è mai uguale a se stesso, quindi so che sarà illuminante come sempre. Del resto un corso che si chiama la via dello splendore non può essere altrimenti. 


La mia amica è puntuale, ci incamminiamo, fumiamo una sigaretta, ci raccontiamo gli ultimi avvenimenti, ci siamo conosciute durante un corso di Sibaldi proprio l’anno scorso e continuiamo ad andarci insieme spesso, quindi abbiamo di che parlare. Arriviamo al palazzetto delle Carte Geografiche, sono le 8.10, salutiamo Damiano, Stella e Antonello, tra gli organizzatori migliori che io conosca, insieme a Nicola della casa editrice Tlön che sta sistemando dei libri, due chiacchiere, due risate: è sempre una gioia rivederli, sono belle persone, loro e tanti altri volti ormai noti ai frequentatori assidui come noi; un altro caffè con la mia amica, in fretta si fanno le 10.00, arriva Igor Sibaldi, sono seduta in prima fila stavolta. Inizia.




Prendo appunti, mi rendo conto che dice cose nuove come avevo immaginato, o forse alcune io non le avevo sentite un anno fa, confronto con il vecchio quaderno, aggiungo, correggo, scrivo, sorrido. Sorrido spesso.

Igor disegna l’albero della vita, più sali nella sua scalata e più splendi a quanto pare, forse per questo sorrido sempre in queste occasioni. Ma stando a ciò che dice, prima di iniziare a scalarlo, lo abbiamo sceso già una volta, anche se non lo ricordiamo, veniamo da lì… e così mi ricordo la stessa sensazione provata anche la volta precedente: assistere alla via dello splendore non è un imparare, è un ricordare, come dice Igor. Dopo i primi momenti di smarrimento inizia quella strana espressione sul viso che sembra dire oh ecco, potrebbe tradursi in un ho capito, ma non è capire, quello è ricordare.


Ricordare qualcosa che già faceva parte di te, ma era sepolto, più avanti spiegherà che questo è esattamente ciò che si ritrova nella sephirah della sapienza. Mi viene in mente la nascita del mio primo figlio, nato da un cesareo dopo un’anestesia totale per complicazioni, avevo il terrore, chissà perché, che non avendolo visto uscire potessero portarmi per errore un altro bambino che non era il mio e io non lo avrei mai saputo, invece quando me lo portarono ciò che provai nel guardarlo la prima volta fu esattamente un riconoscere, non avevo bisogno di un test del DNA, io sapevo che era lui.

È come quando leggendo un romanzo, sottolinei una frase, non lo fai perché ti piace, lo fai perché descrive qualcosa che ti appartiene già, un’emozione che conosci bene e forse non trovavi le parole per descrivere.

Arriva la prima pausa, un’altra sigaretta veloce, abbiamo ancora vizi duri a morire, un po’ di saluti in giro ed ecco che si ricomincia.


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