


La Via dello Splendore… per Torino
Con te
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24 Giugno 2018. La sveglia non è timida, sa che alle 9 ho un appuntamento importante, un impegno a cui do un certo valore, un evento speciale, di quelli che aspetto. Momenti che si piazzano come boe luminose e galleggianti nella mia cronologia subacquea: posso risalire a prendere fiato, aggrapparmi a qualcosa di veramente solido, una forma di consapevolezza innata e fuori dal tempo. Un appuntamento con la me che esiste aldilà di tutto, fuori da ciò che mi disperde e disorienta, lontano dalle profondità tremende delle cose non importanti. La sveglia persevera e allora la spengo rigirandomi nel letto, abitato da tre figure. Una è la mia. Una è quella del gatto più possente che abbia mai visto, una presenza di rara intensità, elegante, fulminea, perfettamente intrisa di saggezza felina. Mi sono innamorata di lui. E del suo proprietario, la terza figura.

In viaggio verso Borgaro, parlo al telefono coi ragazzi della Fenice, sono anche loro per strada, portano i libri di Igor. E’ bellissimo che una libreria esoterica si chiami Fenice. Ho il sospetto di essere un po’ Fenice anche io, provo spesso il desiderio e la sensazione che le mie lacrime portino guarigione.
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Mentre chiudo la chiamata mi viene in mente la dedica sul mio primo acquisto: “A Linda e ai suoi cari maestri invisibili”. Eravamo al Circolo dei Lettori e avevo percorso tutta la sala in fila col libro in mano per chiedere ad Igor un consiglio: ero curiosa di scoprire di più sullo spirito guida. “Puoi indicarmi a chi rivolgermi?” … Ricordo la sua espressione imperturbabile, quieta, sorniona, lo sguardo ancora sul libro, la figura stagliata controluce davanti alle finestre della sala, la penna che firma e poi si stacca dalla pagina e due occhi immensi che si alzano su di me: “Ma a te stessa, naturalmente!”

Arrivo a destinazione, ritrovo il tipico fermento degli eventi così, quelli a cui i partecipanti attribuiscono un certo valore. Molti stanno già prendendo posto in sala conferenze, vogliono assicurarsi dei posti buoni. Vedo Igor che gravita sereno nello spazio davanti alla sala, dove i ragazzi della Fenice stanno sistemando i libri sulla scrivania che è stata appositamente allestita. Di fianco sono esposte delle boccette di vetro con piccoli tappi di sughero, proprio quelle che ti aspetteresti di veder approdare sulla sabbia di una spiaggia tropicale, contenenti un messaggio importante. Mi avvicino e scopro che il tappo di ogni boccetta sfocia in una chiavetta usb custodita al suo interno, su cui è caricato un video: “Orizzonti Maschili e Femminili”. In effetti, dalla spiaggia l’orizzonte si percepisce meglio.
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Molto felice di rivedere Igor, mi godo i minuti prima del via scattando qualche foto e conversando di un orto coltivato di fronte all’albergo, della sigla del Carosello, del monte Musinè (che fa rima con Mosè, il nome del gatto).

“La Via dello Splendore” parte con slancio e decolla, passando per Gerona, attraversando un ponte dal quale si possono osservare numerosi pesci sbucare dall’acqua per ascoltare. Come un pesce, in fondo alla sala piena di pesci, ascolto rapita della Spagna del 1492, di Giona, di Colombo, degli Ebrei e del prosciutto. E del Genio della lampada.
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Che cos’è il Genio della lampada? È il talento dei Desideri, quello che scoprì Aladino, una semplice formula: se desideri, ti arriva. Gli adulti lo dimenticano, i bambini invece lo sanno, nelle loro fiabe e nei loro giochi riescono a filtrare i segnali di civiltà antiche. Civiltà sotterranee, sparite sottoterra, che da lì continuano a mandare messaggi.
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Quanto desidero poter continuare cogliere quei messaggi! Comunicazione fra mondi, di questo si parla oggi. Igor disegna alla lavagna, L’Albero Della Vita prende forma. Si rivela, ogni volta come nuovo. Ma è allo stesso tempo un’epifania antica, ripetuta, germogliata per millenni in qualche anfratto cellulare del mio corpo, di ogni corpo, forse in ogni micro-milionesima parte di materia terrestre. Una conoscenza che ignoro ma riconosco, sprofondata nel mare nebbioso di una memoria che se ne infischia del tempo, e che vorrei addomesticare. Chi sei tu? ti amo e ti temo terribilmente, sei la prova di un percorso eroico di cui stento a sentirmi all’altezza. Un’impresa che ho promesso di compiere. Una saggezza perduta, che ha lasciato una traccia. un ricordo da rispolverare, come scoprire che so dire la parola “Ammiraglio” in greco antico, per esempio.
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Pausa pranzo maieutica: seduta di fronte al giocoliere che vibra domande nell’aria, doso risposte e silenzi mentre un turbinio di intenzioni affiora e stuzzica, solletica. Racconto del mio nuovo progetto Tantradance e dei progetti da attrice. cose che voglio fare mi si chiariscono: il futuro prende forma davanti a un piatto squisito di carne cruda, misticanza e senape.
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Adoro la senape, ma non saprei descriverne il sapore. Come si fa a definire un sapore? Bisognerebbe ricorrere ad aggettivi o similitudini, giri e rigiri che non centrano il bersaglio, tentativi di affermare quel che il mio corpo sa, ma non può dire. Amo che il linguaggio ponga questi limiti atroci. Amo Igor che è campione di surf sulle acque sconfinate e profondissime di lingue presenti, passate e future.
Divento insopportabile con le persone che amo, quando scelgono le parole senza precisione, senza l’urgenza e la cura di esprimere un concetto specifico, personalizzato. Ma non è certo colpa loro se leggo troppa poca poesia. Come una pianta che non venga annaffiata abbastanza, percepisco l’aridità di giornate senza le giuste letture, o i giusti ascolti. E da essere clorofilliano mi arrampico a volte sugli specchi scivolosi delle relazioni, cercando nutrimento che potrei (e dovrei) ricevere altrove.

Seconda parte, si rientra in sala, si entra per la prima volta nei sentieri dell’Albero. Mi meraviglio davanti a questo dispositivo “che serve a mettere in comunicazione due sistemi”. Un’interfaccia fra infinito e finito, una specie di mappa per entrare in contatto con la centrale operativa dove si cambiano tutte le cose, entrare in contatto con l’origine creativa di tutto, e partecipare.
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“Libertà è partecipazione” dice la canzone. “Assumiti la responsabilità da capo con gioia” sta dicendo Igor: fine delle deleghe, sei tu l’organizzatore. Se tu cambi il tuo atteggiamento di volontà, tutto cambia.
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Ogni sentiero è abbinato ad una lettera dell’alfabeto ebraico (che meraviglia di alfabeto) e presuppone lo sviluppo, l’allenamento, la capacità di padroneggiare determinate facoltà dell’essere umano. Ogni possibilità di crescita che Igor illustra è una specie di lama tagliente, vibra di elettricità fremente, esprime al contempo l’impeto della riuscita e la rabbia per il tempo sprecato. Passato, presente e futuro sfoderati e sonanti, pronti a dar battaglia.
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“Non dormire non dormire artista, non abbandonarti al sonno, tu sei un ostaggio dell’eternità, prigioniero del tempo” scrive un poeta russo. Artista che vuoi creare, senti la sensazione di far fluire la bellezza, abbi il diritto di farla fluire, e porta nel mondo qualcosa che ancora non c’è! Tutto ciò che potrai desiderare in questo mondo, sono rappresentazioni temporanee di ciò che è sopra, nei mondi superiori. Abbi il coraggio di desiderare! Accorgiti di cosa ti manca, chiedi e ti sarà dato! Fidati, apriti all’abbondanza! Arrabbiati un po’ quando non riesci a fare qualcosa, abbi il coraggio di vedere quali sono i tuoi ostacoli, le tue resistenze, i tuoi attriti! Impara ad usare bene il freno così come l’acceleratore. Ma quando sarai sul bordo della piscina… tuffati.

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L’applauso finale risuona di eccitazione e gratitudine, l’elettricità in sala è palpabile. Ma è un’elettricità ordinata, composta, come quella di chi parte con la valigia piena e un viaggio importante da compiere. Mi fermo per un po’ vicino al tavolo dei libri assieme all’uomo di cui mi sono innamorata, è venuto ad ascoltare un pezzo della conferenza con me e gli è piaciuta molto (buon segno). Damiano ci raggiunge e prende dal tavolo affianco una delle boccette col tappo di sughero, ce la porge: “Un piccolo regalo, bevete qualcosa con noi?”
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Scesi al piano di sotto brindiamo all’estate e allo splendore, a tutti noi. Mostriamo una foto di Mosè ad Igor (una glie l’avevo già fatta vedere a pranzo, in realtà: da grande estimatore dei gatti qual è, sapevo che avrebbe apprezzato).
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E’ tempo dei saluti, un arrivederci ricolmo di possibilità ed intuizioni future. Osservo Igor salire sull’auto, e penso che non vorrei mai separarmi da quella fonte smisurata di conoscenza che è. vorrei poterne bere di più e vorrei poter fare di più, amarla di più, veicolarla di più, prendermene cura di più. Chissà come, chissà quando..

9 Ottobre 2018. Ho finalmente raccolto questi ricordi e finito di scriverli, mangiando una pasta col sugo preparato da mia nonna. Tra poco le farò una telefonata per sentire come sta. Nonno è morto tre settimane fa, era nato il 4 marzo come Lucio Dalla e come lui scriveva canzoni. Scriveva anche libri e aveva una memoria incredibile per i dettagli, per le date. Ho anche un caro amico che è nato il 4 Marzo – anche lui ha una memoria prodigiosa – e un paio d’anni fa mi ha regalato un libro di Tolstoj che si chiama “Hadgi-Murat, l’eroe del Caucaso”, un’edizione rara stampata a Milano con una Donna-Fenice sulla copertina (a proposito, la libreria Fenice ha intanto chiuso gli storici battenti in via Porta Palatina). Non l’ho mai letto, lo inizierò oggi. Lo dedico a nonno Vincenzo e al nostro Albero Della Vita…