


La Via dello Splendore… per Reggio Emilia
Il momento giusto nel posto giusto, improvvisamente
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Lì in mezzo alla stanza, in piedi. Per un attimo ho bisogno di fermarmi e di osservarmi.
Mi ricordo un periodo della mia vita non vissuto. Ho come la sensazione fisica che stavolta non me lo dimenticherò.
Perché sono qui? Una domanda adolescenziale che frequento in questi anni per vari motivi.
Proprio così, tante domande, tante risposte, una verità sola, nascosta, forse in una stupida canzone in spiaggia
proprio quel giorno lì, con quella persona li.
Improvvisamente come adesso, qui, nella mia favola.
C’eri una volta… ti ricordi di una sveglia, parli e pensi in Italiano, le bollette le tasse, il caffè,
il gatto con lo stesso sguardo da sempre, i lacci delle scarpe, l’auto, il cellulare, il semafori sempre rossi,
le pubblicità dappertutto, l’orto vuole l’uomo morto! Insomma.
Tu con le tue domande. Respiri, lì, in mezzo alla stanza di una sala conferenza.

Le favole hanno un tempo diverso, abbiate pazienza,
ho sempre intimamente ammirato questo non tempo e come mi capita questa volta c’è chi l’ascolta e la lascia andare.
Sono le 18.30 è Sabato, Igor Sibaldi, saluta e sorride.
È stato bene, con noi. Io nonostante tutto ci sono stato.

Un racconto che passa dalla prima alla terza persona con una disinvoltura voluta e causata
dagli eventi in corso e dal rispetto profondo verso quello che non si sa e si immagina soltanto.
Avete presente quando guardate un ballerino esperto? Solo lui si accorge dove ha sbagliato.
Intanto mi appunto “tre dimensioni + 1”. Capirò.
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Mi sento accaldato, sguardo lucido, scomposto, appoggiato a terra come se fossi in un canotto gonfiabile in mezzo al mare, rifugiato poeticamente da qualche parte, stanco di essere stanco.
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Cammino nelle corsie dell’Esselunga e senza comprare niente, osservo, annuso,
ascolto. Compro, solo alla fine, mannaggia, le caramelle ad altezza bimbo che mi riportano dentro da qualche parte.
Se c’è un dentro, c’e anche un fuori e torniamo alla terza persona. Igor, racconta, disegna, ci guarda.

Tanta roba, sento bisbigliare dalla persone vicino a me. Ci guardiamo. Poche parole, tra noi.
Mi sembra di non avere quelle giuste per esprimere quello che ho sto provando.
Esci in attimo e ti guardi dall’alto, sei piccolo tu e tutte le tue esperienze diventano piccole.
Hai voglia di muoverti, cambiare, desiderare, accorgerti.

Voglio uscire ma non ce la faccio o meglio, non più con le stesse gambe. Quelle gambe che mi avevano portato li.
Cammino in qualche direzione. Mi fanno compagnia i miei pensieri, stimolati, eccitati, scoperti, liberati.
Ora ricordi la tua indecisione al supermercato e la tua intenzione come l’esempio
di un arciere con l’arco continuamente spostata da dietro, da qualcuno invisibile.
Hai presente ?
E tutto così. Rimbalzo tra passato futuro e presente. Parlo poco, osservo,
ma ricordo di quanto tempo speso a parlare di politica e di grandi sogni,
di promesse mai mantenute e, di nuovo improvvisamente, capisci il perché.
Scrocchio delle mani invece che applaudire. Un concetto, bene detto,
ben preparato e spiegato al momento giusto, fa questo effetto.
Il momento giusto improvvisamente. Torno indietro nel tempo.
Le funzioni dell’Io. Facile vero? Già.
Ragione pensiero sensazione sentimento e intuizione, Jimi Hendrix aggiungo io,
nella giusta dose sono gli ingredienti per vivere. Non voglio perdere niente.

Sono le 16.30
Pausa. Mi alzo. Ci sono le pause, penso, come nella musica che servono ad apprezzare il resto.
Una sana tensione.
Le pause. Servono. È una domanda. Chiederò agli organizzatori, perfetti da sembrare inesistenti.
Avevo fame e sete. Ora non più. Ogni cosa ha un suo senso. Come l’intelligenza che deve
scegliere e organizzare ciò che sai e quindi trasformi le immagini in parole.
Le parole sono importanti se sanno dove devono andare. Chiaro no? NOOOO rispondiamo in coro.
Perfetto , dice Igor. Ammettere di non aver capito è la molla giusta,
il lavoro per non rimanere stupiti è lungo.
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Così come nello sguardo dai bambini che ci si perde, per la “lunghezza” che da oggi la chiamo grandezza.
A pranzo bevo vino e mi sento un po’ come Gesù. Esagero? no.
L’ho sempre rifiutato per rischi addormentamento precoce invece è da quel piccolo gesto, che cambio passo.
Il nostro amato Gesù è ripreso in più occasioni nelle riunioni con il consiglio di amministrazione
con il suo bel bicchiere fino al miracolo per eccellenza di trasformare, addirittura, l’amata acqua. E così sia.
Anche io, mi lancio, un altro piccolo scalino, per riprendermi quello che mi appartiene.
E’ tutto così. Sentirne la mancanza è il presupposto per riprendere l’abbondanza.
L’argomento si complica ed è giusto cosi.
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Ore 12. ho una sensazione fisica. Il poter pensare in avanti a chiedere l’impossibile
e di cambiare i libri letti e studiati. Voglio e credere che i robot ci pagheranno le tasse,
per eliminare il problema della disoccupazione in modo smart oppure che Gesù in TV
alle 20 che ammette che era uno scherzo la sua resurrezione. Dove è andato a finire? Dove sei ?
Perché solo tu e non mia nonna o Hitler ? Si ride di nuovo.
Tutto parte dalla volontà. Lo sento dire. Ma non capivo. Lo scrivo. Il treno alle 6, questa mattina ? no .
E’ qualcosa di più. Non devi volere. Devi accendere i tuoi sensori. Li abbiamo in dotazione.
Come gli animali che non hanno paura. La riconoscono e agiscono, senza tante domande, dubbi.
Addomesticati noi, loro, e i nostri sensori. Civiltà e progresso. Sob. Mi vedo raccogliere la cacca
del mio cane e, oggettivamente, non riesco a capire tutta questa evoluzione umana! Va beh.
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Alle 10.30 circa ho pensato, riflettuto,immaginato, deglutito. Tutto ha un ritmo.
Ti accorgi di averlo e di perderlo. Ti concentri, scrivi, non vuoi dimenticare piccole grande illuminazioni.

Ti ricordi le pacche sulle spalle da piccolo, gli errori da grande che ti fanno diventare piccolo,
alla difficoltà ad esprimere un desiderio, che quindi, ovviamente, non si realizzerà mai
oppure lo confonderai con quello degli altri, vicini, lontani, culturali.
Per un po’ ti vedi grande, vasto, e tutto quello che hai vissuto è piccolo.
Da piccolo andavo sul tagada oggi sono qua. Dovrebbe essere l’inverso. Cerco uno sguardo.
Abbiamo una mappa senza foto, sentieri, ristoranti, consigli.
Solo immaginazione e segreti lontani collegati con le emozioni e la temperatura del corpo, e così via.

Dove sei ? Adesso? Nel presente appena passato.
Sono le 6. Ci vediamo a Reggio Emilia ad ascoltare Igor Sibaldi. Lo conosci?
Ho prenotato il posto, il treno parte. Partito.
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Non sono io… però a volte mi ci vedo.
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Una citazione colta me la passo permettere ?
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Nasciamo, per così dire, provvisoriamente, da qualche parte; soltanto a poco a poco andiamo componendo in noi il luogo della nostra origine, per nascervi dopo, e ogni giorno più definitivamente.
(Rainer Maria Rilke)