


La Via dello Splendore… per Roma
Per salire devi desiderare, per desiderare devi saper dire addio
di Karen Lojelo
È stata una settimana impegnativa. Era un po’ che non mi capitava di averne di così incasinate, le conosco bene però, questo tipo di settimane intendo, quando tutto va storto e mille ostacoli ti si parano davanti. Io li ho sempre chiamati i mostri che vengono a trovarmi, sicuramente ognuno li chiama a modo suo, se li ha identificati, ma tutti abbiamo avuto a che farci, abbiamo continuamente a che fare con loro. Succede soprattutto quando dobbiamo fare qualcosa d’importante, cui teniamo, o che può innalzarci per così dire, è lì che il piccolo io ci tira per i piedi facendocene succedere di tutti i colori o semplicemente riempendoci di paranoie come un grillo parlante. Tutti i nostri punti deboli sono toccati, le nostre paure note o ignote, e, anche quando hai imparato a conoscerli e ti ci siedi insieme per offrirgli una cioccolata calda e stare ad ascoltarli e poi fregarli quando credono di averti irretito, beh, a volte riescono comunque a confonderti ed è dura non fargli avere la meglio. Sembra non ci sia via d’uscita, ma c’è sempre.
​
Me lo hanno insegnato un po’ la vita e un po’ di più proprio i corsi di Igor Sibaldi.
​
Comunque eccomi qui, anche stavolta sono riuscita a mandarli via proprio come si fa con uno scocciatore.
Sono le 6.00 e suona la sveglia, sono a Roma ospite da mia madre, è il 3 febbraio del 2019 e alle 8.00 devo essere in Via Nazionale per partecipare alla via dello splendore. Ricordo che appena trovai la pubblicità su internet di quello che all’epoca era un nuovo seminario che parlava della cabala, rimasi estasiata dalla sola presentazione e pensai chiaramente: devo andarci. Per me è una seconda volta, è stato uno dei primi corsi di Igor cui ho partecipato lo scorso anno a Firenze, e anche lì ricordo che ne sono successe delle belle, avevo iniziato da pochi mesi a seguire Sibaldi e i mostri venivano spesso a trovarmi, ne avevo tanti da combattere, ora sono rimasti in pochi a confronto, ma ovviamente sono quelli più tosti, anche se mi sembra di contarne solo un paio nei giorni migliori.
​
Prendo un caffè pessimo a casa, mi preparo, sono stranamente riposata, di solito dormo sempre poco prima di queste occasioni, per qualche ragione ho sempre qualche imprevisto che m’impedisce di andare a letto presto…
​
Mi preparo, sono già d’accordo con la mia amica che ci incontreremo alle 8.00 alla stazione Termini. Intanto sono le 7.00. Prendo il quaderno degli appunti dell’anno scorso, mi dico che potrebbe servirmi, anche se ne prenderò di nuovi. Mentre chiamo l’ascensore, penso che anche se ho già assistito a questo seminario sicuramente sarà diverso oggi, un po’ perché sono cambiata io, un po’ perché Igor non è mai uguale a se stesso, quindi so che sarà illuminante come sempre. Del resto un corso che si chiama la via dello splendore non può essere altrimenti.
​
La mia amica è puntuale, ci incamminiamo, fumiamo una sigaretta, ci raccontiamo gli ultimi avvenimenti, ci siamo conosciute durante un corso di Sibaldi proprio l’anno scorso e continuiamo ad andarci insieme spesso, quindi abbiamo di che parlare. Arriviamo al palazzetto delle Carte Geografiche, sono le 8.10, salutiamo Damiano, Stella e Antonello, tra gli organizzatori migliori che io conosca, insieme a Nicola della casa editrice Tlön che sta sistemando dei libri, due chiacchiere, due risate: è sempre una gioia rivederli, sono belle persone, loro e tanti altri volti ormai noti ai frequentatori assidui come noi; un altro caffè con la mia amica, in fretta si fanno le 10.00, arriva Igor Sibaldi, sono seduta in prima fila stavolta. Inizia.

Prendo appunti, mi rendo conto che dice cose nuove come avevo immaginato, o forse alcune io non le avevo sentite un anno fa, confronto con il vecchio quaderno, aggiungo, correggo, scrivo, sorrido. Sorrido spesso.
​
Igor disegna l’albero della vita, più sali nella sua scalata e più splendi a quanto pare, forse per questo sorrido sempre in queste occasioni. Ma stando a ciò che dice, prima di iniziare a scalarlo, lo abbiamo sceso già una volta, anche se non lo ricordiamo, veniamo da lì… e così mi ricordo la stessa sensazione provata anche la volta precedente: assistere alla via dello splendore non è un imparare, è un ricordare, come dice Igor. Dopo i primi momenti di smarrimento inizia quella strana espressione sul viso che sembra dire oh ecco, potrebbe tradursi in un ho capito, ma non è capire, quello è ricordare.
​
Ricordare qualcosa che già faceva parte di te, ma era sepolto, più avanti spiegherà che questo è esattamente ciò che si ritrova nella sephirah della sapienza. Mi viene in mente la nascita del mio primo figlio, nato da un cesareo dopo un’anestesia totale per complicazioni, avevo il terrore, chissà perché, che non avendolo visto uscire potessero portarmi per errore un altro bambino che non era il mio e io non lo avrei mai saputo, invece quando me lo portarono ciò che provai nel guardarlo la prima volta fu esattamente un riconoscere, non avevo bisogno di un test del DNA, io sapevo che era lui.
​
È come quando leggendo un romanzo, sottolinei una frase, non lo fai perché ti piace, lo fai perché descrive qualcosa che ti appartiene già, un’emozione che conosci bene e forse non trovavi le parole per descrivere.
​
Arriva la prima pausa, un’altra sigaretta veloce, abbiamo ancora vizi duri a morire, un po’ di saluti in giro ed ecco che si ricomincia.
​
Mi guardo intorno, eh sì, siamo nel palazzetto delle Carte Geografiche, le abbiamo disegnate tutte intorno, ed è proprio questo che ci dà Sibaldi, delle carte geografiche, delle mappe chiare da seguire, può essere faticoso a volte capire tutto, ma come dice lui alcune cose non hanno bisogno di essere capite, capire è chiudere in un recipiente, invece qui parliamo di cose che non hanno confini quindi non è importante capire tutto. Quello che arriva comincia comunque a lavorare dentro di te.
​
Il tempo, in queste circostanze in particolar modo, ti dimostra di non essere solo lineare, sono già le 13.30, è ora di fare la pausa pranzo. Vado a mangiare, è tutto splendente, sarà anche colpa del vino e, sempre fuori dallo schema temporale, in pochi minuti si fanno le 15.30, è ora di rientrare, è tardi.
​
Siamo di nuovo nella sala con le mappe disegnate sui muri, a un certo punto Igor dice che nel momento in cui ti accorgi che ti manca qualcosa, in qualunque sephirot si trovi, che sia maestà, abbondanza, sapienza, giustizia o altro, tutto inizia a muoversi per fartelo arrivare. Ci invita a provare per credere. Mi vengono in mente cose lette da ragazzina, tanti libri, citazioni di altri scrittori che una volta mi piaceva tanto leggere, all’epoca leggevo molto anche Paulo Coelho, i suoi primi libri avevano qualcosa di magico per me e da qualche parte scriveva: quando desideri qualcosa l’universo si muove affinché tu lo ottenga. In tanti hanno scritto e detto cose così d’effetto e anche belle da leggere, ma Igor Sibaldi è uno dei pochi che ti fornisce una nitida via d’accesso. Che ti dà delle vere mappe da seguire e non rimangono solo belle frasi da sottolineare in un libro.
​
È questo che mi piace di lui e il suo sfatare luoghi comuni: la filosofia spicciola da pensiero positivo che non ha mai portato nessuno da nessuna parte, se non a un accontentarsi pacato e illusorio.
​
Per salire devi desiderare, per desiderare devi abbandonare qualcosa, devi saper dire addio. Questo dice, è un po’ morire per rinascere, è sempre così per le cose importanti e non è facile come sembra, si può pensare sia facile abbandonare le cose che ci fanno stare male per salire in alto, ma le abitudini sono le più dure a morire, proprio come il vizio del fumo. L’ho imparato e disimparato molte volte, ci si abitua al dolore al punto che diventa rassicurante anche una situazione infelice o dolorosa, perché è qualcosa che conosci, sai come muoverti lì, invece se ne esci i mostri che incontri sono tutti nuovi e non sai che possono essere meravigliosi e puoi addirittura farteli amici, che proprio dalla sofferenza nascono le migliori opere d’arte o i libri più belli, uscirne è imparare a sfruttare a tuo favore ogni energia, ogni problema come spinta, come dice lui: Dio e il Diavolo, metaforici che siano, lavorano insieme e servono entrambi.

Arriva il momento di un’altra pausa, è metà pomeriggio, non so più che ore sono, le informazioni sono tante, siamo stanchi, non stanchi di ascoltare e di ricordare, ma non abbiamo ancora imparato a usare tutte le nostre energie, il corpo vacilla, le persone iniziano a sentire il peso di tutte le informazioni ricevute. È tosta la via dello splendore, senti che tutto cambia e si muove dentro di te, che un nuovo mondo ti sta entrando nella testa, è proprio una sensazione fisica, come se l’albero della vita fosse troppo per il piccolo contenitore che sei e tutto quello che acquisisci non ci entra quindi spinge da dentro per espandere la tua mente. Forse per questo in tanti poi accusano mal di testa… ma si espanderà… se quando torni a casa non metti il quaderno in un angolo e decidi di dimenticare di nuovo perché è troppo faticoso dire addio a quelle cattive abitudini che avevi.
​
Sono le 18.30, qualcuno raccoglie le borse e inizia ad andare, anche se c’è ancora qualcosa da dire, perché siamo in ritardo e loro hanno un treno in partenza, comunque gli basterà, se vorranno, quello che hanno ascoltato. Sono stanca, mi aspetta un viaggio di ritorno fino a Sabaudia in macchina, ho mal di testa anche io, le informazioni spingono da dentro, ho riempito due quaderni di parole che spero siano sufficienti a non farmi dimenticare tutto quello che è stato detto e tutto quello che mi è arrivato per altre vie visto che le parole per spiegarlo non esistono ancora.
​
Sono le 19.00, Igor ci saluta. È finita, ma questo è solo l’inizio.
​
Mi sembra di vederci doppio, mi viene in mente la doppia vista che Igor attribuisce al vino e anche la lettera ebraica yod, come se veramente ora avessi un occhio in più, se fosse cambiata la prospettiva delle cose e questo vederci doppio non è un vedere appannato, ma un vedere di più, vedere da due punti differenti anche se devo abituarmici come a un paio di occhiali nuovi. Nonostante la stanchezza fisica riuscirò a tornare a casa, lo so. Dovrò lavorare sulla sephirah che gestisce l’energia a mia disposizione. Sorrido ancora e non posso fare a meno di pensare a un’altra citazione che mi sembra meravigliosamente appropriata a questa giornata:
​
Ti diranno di non splendere, e tu splendi, invece. (Pier Paolo Pasolini)
